Saturday, January 06, 2007

Quando nasce una storia da raccontare?

Qualcuno ha detto che "si scrive per raccontare se stessi". E' vero.

Ogni volta che raccontiamo qualcosa a qualcuno, vogliamo in realtà raccontarci ed essere ascoltati. E' dentro ad ognuno il desiderio irrefrenabile di raccontare la propria vita, perchè, in fondo, io credo, abbiamo paura che vada persa irrimediabilmente e allora ci affanniamo a lasciare tracce, segnali, ricordi.

E più questi segnali entrano nei codici collettivi legati alle emozioni del singolo, che troviamo allora i grandi racconti che ci appassionano, le vite che avremmo voluto vivere o le vite che drammaticamente viviamo ogni giorno.

Gli occhi di Luca è nato proprio in un luogo dove noi cosidetti "normali" non vorremmo esserci per nessuna ragione al mondo. Io ero là con mio figlio e ho iniziato ad aver paura. Sì, una paura che qualcosa mi stesse sfuggendo di mano senza rendermene conto. La paura di non essere un buon genitore, la paura di lasciare in eredità ai miei figli solamente debiti puntualmente pagati e nient'altro.

Ho scritto questo breve romanzo perchè ho sentito - e sento, continuo - il bisogno/desiderio di lasciare un segnale, spurio, non perfettamente codificato nella mia mente, ma di lasciare comunque una traccia. E' solo un piccolo segno fatto sulla sabbia in riva al mare, lo so. Fra poco se ne andrà e sarà giusto così. Ma fintanto che l'onda non arriverà, sarà stato per me un solco profondissimo che prima non c'era.

"Si ha un bell'aprire porte e finestre per fare una casa; l'utilità della casa dipende da ciò che non c'è."Tao Te Ching, XI

11 comments:

Anonymous said...

Luca, padre di Demetrio, accompagna il figlio dislessico in un centro ospedaliero infantile. Qui avviene l'incontro con Andrea, un bambino affetto da una grave patologia, e con i suoi genitori. Frequentando il centro, poco alla volta, Luca prende coscienza della necessita di contestualizzare i propri problemi: l'angoscia legata alla malattia del figlio è forse esagerata se confrontata con lo scenario di grande sofferenza di tanti altri giovani pazienti: "Per non morire devi farti contagiare un po' dal male, a piccole dosi, così come con i vaccini". Sullo sfondo affiorano i ricordi, uno spaccato di provincia, gli anni della contestazione, le musiche, i film, le conversazioni e i libri che riassumono una giovinezza.
Romanzo incentrato sul dolore e l'insensatezza della malattia infantile come spunto per la ricerca di un senso del proprio percorso umano, professionale, familiare.

Anonymous said...

Letto oggi, di ritorno da Milano. Ha accompagnato il mio viaggio in treno, rendendolo meno monotono. Un libro breve ed intenso, con tanti spunti di riflessione. Ho notato una grande stima per il "genere femminile", e, facendone parte, non ho potuto fare a meno di esserne lusingata ;)
Il tema trattato non è certo semplice, e si rischia sempre di cadere nel banale. Ma non è stato proprio così. Ho apprezzato molto anche i vari flashback, e i piccoli dettagli che hanno reso il tutto molto "umano". Mi è piaciuto molto sia il metodo narrativo, sia la parte futuristica dell'inizio. E, aggiungerei, ho apprezzato anche il finale, nonostante non sia esattamente roseo.
Ho una critica da fare, che, sicuramente personale, spero non sia presa nel modo sbagliato. Volere un figlio quando "la natura dice che non si possono avere", e giudicarlo un gesto egoistico, temo sia, appunto, un giudizio duro, affrettato, inconcludente. Sono molto ferma su questo punto, prima per inclinazione naturale, in secondo luogo per motivi personali. Trovo che paragonarlo ad acquisti compulsivi di carattere consumistico sia eccessivo e totalmente fuori luogo. Troppo poco si sa di questo problema, troppo superficiali sono i commenti. Una decisione del genere non si prende su due piedi, una mattina che non si sa che fare. Sono d'accordo che ci siano dei limiti, ma è assolutamente errato fare di tutta l'erba un fascio.
Ho riflettuto un po' sulla divagazione sulla storia e sul presente. Mi trovo d'accordo che rifugiarsi nei sogni non ci porti da nessuna parte, anche se, devo ammetterlo, la storia è qualcosa che mi ha sempre affascinato e ne faccio tesoro.
Bellissimo il paragone biologia/economia, una volta tanto ho visto l'economia, per me argomento complesso, sotto una luce diversa e con un approccio biologico che mi risulta più chiaro :P
Concludo dicendo che ho provato istantanea simpatia per Demetrio. A 6 anni, ho cominciato a scrivere al contrario, alla maniera di Leonardo, diciamo così ;) Una dislessia leggera. Una dislessia. Per motivi sciocchi e futili. Ma che è passata, anche per me ;)
Scusate la logorroicità, lo passo al più presto per fargli cominciare la sua avventura ;)

Anonymous said...

l'ho appena finito.
l'ho praticamene divorato in poco meno di un'ora.
intenso.
commovente.
grazie x la considerazione in cui tieni noi donne, ritengo che buona parte del merito vada a sabry.
Complimenti, davvero.
spero di poter leggere ancora qualcosa di tuo.
un affettuoso saluto a te e a sabry.
Angela(ricamiche)

Anonymous said...

Bravo Marco, un libro che tocca il cuore, che mi ha fatto ricordare, sognare e capire tante cose ...

Continua così, ti auguro tutto il successo che meriti.

Anonymous said...

Penso che il messaggio di questo romanzo possa riassumersi nel monito che si legge a pagina 75: "Davanti a questa lunga sequela di drammi altrui, forse sarebbe il caso di ridimensionare i propri, per essere più concentrati nel dare un senso alla vita e viverla in modo più leggero" nel quale ho sentito l'eco di un insegnamento che ho ricevuto da piccola (e che cerco ora di trasmettere alle mie figlie) che diceva pressappoco così: "prima di lamentarti per qualsiasi cosa guardati intorno e vedrai che le persone che hai dietro sono più numerose di quelle che hai davanti".
Penso anche che solo chi ha figli possa immedesimarsi appieno negli stati d'animo dei protagonisti adulti di questa vicenda, esposta in modo tale da far riflettere ma senza indugiare sugli aspetti più spiccatamente struggenti e drammatici, che vengono accennati con delicatezza, per non appesantire il carico emotivo (già grave di per sè).
Mi permetto però di osservare che ho trovato un po' avulse dal contesto alcune pagine: in particolare la lunga digressione su passato-presente-futuro e il parallelismo tra la biologia e l'economia aziendale. Anche se sono convinta che l'intento dell'autore fosse quello di mostrare che pur in presenza di drammi familiari (propri o altrui) la vita comunque scorre e le persone continuano a coltivare i propri interessi e a riflettere anche su altre questioni (senza che necessariamente questo assuma i contorni di una via di fuga), ho trovato comunque queste pagine un po' "prese e messe lì".

Anonymous said...

La verità vaga attorno alle rovine, riman lontana dal nostro dimorare ...
par perciò impossibile a noi.
Il vano cerchio sempre aperto, stancante comprendere.
Noi siam l'enigma di colei che si sottrae appena appare ...
ma perchè la si ritrovi, rivela tal secreto :
Noi il vero parliamo senza sapere ... ma tal è sintomo,
indi dove c'è sintomo c'è verità spianante la via;
si definisce il pensiero che riconduce nei sentieri d'ogni pensare ...
tu quindi, sublime intelletto, sarai bene all'altezza di ciò che parla !
apparenti oscillazioni d'ogni ipotesi,
si gioca al paradosso del negare,
ella ancor perciò riman lontana.

Nei molteplici rapporti diadici,
data la nostra finitezza, abbiam mancanza ad essere,
scaturente dall'incompletezza del vissuto,
da ciò ogni desiderio di reintegrare la persa unità.
Certo siamo simboli ottativi di unione e completezza ...
ma come tali, negativamente, manchiamo !
Ogni rimosso e reso incosciente, rigenera desiderio,
per questa genesi edipica, il desiderato resta metafora,
cioè, rincorrere freneticamente la molteplicità dei surrogati ...
cercando di colmare mancanza e vuoto,
andrà realizzando un'infinita fuga da un significante all'altro,
nel vano tentativo di appagare l'esigenza più profonda : l'unità.
Ciò significa che per sua natura metaforica,
il desiderio è votato all'insoddisfazione,
che vuol colmare complicandosi e moltiplicandosi indefinitivamente,
in un gioco continuo di sostituzioni di significati,
tutti indistintamente inadeguati ...
in quanto tutti metaforici rispetto al necessario.
Ogni meta agognata è irraggiungibile,
poichè la traiettoria tendente all'infinito è il paradosso
del nostro desiderare parente tendente al chiuso circolare;
il desiderare è ripetitivo tornare a se,
come oggettivazione tautologica senza via d'uscita,
metafora delle rotaie eternamente tese al giungere sempre ad altro
e questo immobilizza come nell'immagine dell'affascinante statuale;
Non v'è altro modo di comprendere la nostra indistruttibilità.
Il nostro desiderare è sempre oltre perchè insoddisfabile.

Jacques Lacan.

Incontrare, NON è ne vincere ne perdere ne coincidere ne inquadrarsi
E' pura LIBERTA' !

La singolarità riflette sull'oblio dell'intero mondo d'ombre, illuminato !

enjoy.

Anonymous said...

Complimenti a Marco. Il suo libro non l'ho solamente letto, mi sembra di averlo " mangiato ".
Decisamente avvincente. La trama mi ha coinvolto parecchio e lo stile di scrittura mi è parso molto scorrevole e di gradevole lettura.
Ma la cosa che mi ha sorpreso maggiormente è stato il finale.
A dir poco stupefacente.
Sicuramente una scelta azzeccata oltre che inaspettata.

Insomma: i miei augurio ed auspicio sono che Marco si dia subito da fare per produrre qualcosa di nuovo, altrimenti sarebbe un talento
sprecato.

Anonymous said...

Ho trovato valide ed intense queste pagine, lucida impronta di riflessioni e vita vissuta, nonostante alcune parti risultino anche a me troppo tecniche e un po’ slegate dal contesto.
Tuttavia l’autore riesce ottimamente nel proposito di descrivere il valore della vita pur nella differenza, anzi, proprio da questa esaltato.
Le esperienze degli adulti protagonisti, intrecciate alle problematiche, quando non decisamente dolorose, esistenze dei loro figli insegnano meglio di tante altre parole sull’argomento l’importanza di costanza, amore e solidarietà, ma anche del potere dell’allegria e del mantenere intatta la leggerezza e la gioia di vivere pur nella sofferenza.

Anonymous said...

Marco magnifico! Il libro è magnifico! Il finale è molto commovente.

Anonymous said...

E' un libro che mi ha colpito molto, parla in maniera delicata di grandi e drammatici difficoltà. L'unica parte un po' complicata per me è stato il parallelo tra biologia/economia.

grazie di averne fatto un ring. l'ho apprezzato molto

Anonymous said...

Buon libro.
Tratta con delicatezza argomenti difficili da affrontare. Non ho apprezzato molto i frequenti riferimenti ad altri libri e frammenti dei medesimi riportati nel testo.